Parla l'ex pm, leader dell'Italia dei Valori «Deaglio perbene, il suo è errore di metodo» Di Pietro: «Ma quelle schede vanno verificate» STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
La premessa, per Antonio Di Pietro, è d'obbligo: «Enrico Deaglio è una persona più che perbene. E di sicuro è sempre in buona fede». Però, secondo il ministro delle Infrastrutture e leader di Italia dei Valori, questa volta «ha commesso un errore. Nel suo film sulla notte delle elezioni c'è una leggerezza di fondo».
Cioè quale?
«Da come si è sviluppato il suo dvd-inchiesta, il testimone d'accusa principale, mi riferisco al perito americano, dà una spiegazione sulla trasformazione delle schede bianche che può valere solo per il sistema statunitense. Non certo per quello italiano».
Perché?
«Perché mentre negli Usa il voto è elettronico, qui è cartaceo. E dunque gli atti del ministero dell'Interno assumono un valore fondamentale. Oltre che preliminare».
Eppure lei all'inizio di questa vicenda aveva espresso il suo sostegno all'iniziativa di Deaglio.
«Io ho detto da subito che quella del direttore di Diario mi sembrava un'accusa grave. Grave se si fosse rivelata veritiera. Però ho pure detto quasi subito che quest'ipotesi mi sembrava anche abbastanza incredibile».
Dunque un'inchiesta sbagliata?
«Un'inchiesta sacrosanta, come lo sono tutte le iniziative di giornalismo d'inchiesta. Il problema è che se non si cercano riscontri adeguati, il rischio è di prendere delle cantonate. Ma ribadisco che noi abbiamo bisogno di persone come Deaglio che hanno ancora il coraggio di fare del giornalismo d'inchiesta».
In questo caso specifico, però, lei individua un errore di metodo. «Sì, di metodo scientifico nella valutazione dell'inchiesta. Quindi, pur riconoscendo la buona fede di Enrico Deaglio, a cui va e rimane tutta la mia stima personale, ritengo che nel caso di specie la testimonianza dell'esperto americano si sia rivelata inattendibile».
Non le sembra eccessivo il provvedimento della Procura di Roma? «No, perché è stato preso anche a tutela dello stesso Deaglio. È bene che la magistratura sia intervenuta, e nel giro di pochi giorni abbia potuto chiarire come stanno i fatti. Altrimenti sarebbe cominciato un vero e proprio tormentone».
Resta il fatto, però, che in questa vicenda gli unici ad essere stati toccati da provvedimento giudiziario siano Deaglio e Cremagnani. Ritiene che si sia fatta chiarezza?
«La magistratura non può aprire un procedimento su questa storia, perché l'impostazione data da Deaglio va bene solo per gli Stati Uniti. Per intenderci: non si può aprire un fascicolo per omicidio perché qualcuno dice che tu sei morto, e invece tu sei vivo. Mi spiego?».
Dunque tutto bene, secondo lei?
«Io credo che anche in questo modo si faccia chiarezza, sì. E non condivido l'impostazione di Deaglio, secondo il quale così il rischio è che si metta un bavaglio al giornalismo d'inchiesta. No, non credo che ci sia un intento intimidatorio nell'azione dei magistrati».
Però è Deaglio l'unico chiamato a pagare.
«Solo una multa. Sul piano penale non si tratta di nulla di più grave. Ma è inevitabile se c'è il grosso sospetto che tutta l'impalcatura non stia in piedi».
Cosa farebbe, lei, se fosse al posto del direttore di Diario?
«Se fossi lui, e dunque una persona perbene, dimostrerei la mia buona fede totale. E di questo, ripeto ancora una volta, io ne sono convinto. Anche se...».
Anche se?
«Questa vicenda spero proprio che non autorizzi nessuno a fare il gradasso. Insomma, io ero contrario all'impostazione di molti, nella maggioranza, che si opposero alla richiesta della Casa delle libertà di procedere al riconteggio dei voti. Ho trovato sbagliato aver detto di no alla richiesta dell'opposizione. E ancora adesso sarei favorevole a questo procedimento. Servirebbe a fare maggiore chiarezza».
29 novembre 2006
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